“La serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino.”
— Julius H. Comroe

Il metodo EMDR

Serendipità è il neologismo che Francine Shapiro utilizza per descrivere la fortuna grazie alla quale ha scoperto una delle tecniche psicoterapeutiche più innovative all’interno del panorama clinico odierno. Il termine indica l’evento casuale di trovare una cosa non cercata e imprevista, mentre se ne stava cercando un'altra. L’autrice sostiene di aver scoperto, mentre era intenta fare tutt’altro, di poter modificare le proprie emozioni connesse ai pensieri usando in modo volontario i movimenti oculari.

L’EMDR (Eye Movement Desensitisation and Reprocessing) è un metodo terapeutico che prevede l’uso dei movimenti oculari e di altri stimoli dell’attenzione bilaterale o duplice, nonchè l’espressione attraverso le associazioni libere, ai ricordi, ai pensieri e alle immagini angoscianti o emotivamente dolorosi.

I clinici che si specializzano in questa tecnica tendono a riconoscerle un’efficacia assai maggiore rispetto a quella delle forme di psicoterapia puramente verbali. L’EMDR trova adepti tra i professionisti di diversissima impostazione terapeutica: psicoanalitica, cognitiva, comportamentale, sistemica e neurobiologica (Shapiro 2002). Negli ultimi 25 anni, ovvero dal 1989 anno in cui Francine Shapiro scoprì le potenzialità di tale metodologia, sono stati condotti più studi e ricerche scientifiche sull’EMDR che su qualsiasi altro metodo terapeutico (Mosquera Gonzàlez). Le ricerche mostrano che attraverso l’utilizzo dell’EMDR le persone possono, per la prima volta, beneficiare degli effetti di una psicoterapia in tempi molto brevi. Sono stati condotti 24 studi controllati sull’efficacia dell’EMDR che hanno riportato risultati positivi; alcuni di questi studi mostrano che l’84%-90% delle vittime di trauma singolo non manifesta più il disturbo post-traumatico da stress dopo sole 3 sedute di 90 minuti. La letteratura scientifica si è concentrata molto sullo studio dell’efficacia dell’EMDR, tanto che questa metodologia ad oggi viene riconosciuta come una forma efficace di trattamento per il trauma e altre esperienze disturbanti da organizzazioni come l’APA (American Psychiatric Association), l’APA (American Psychological Association), il Dipartimento della Difesa e molti Health Services sia in Europa (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Paesi bassi) che negli Stati Uniti (SAMHSA’s National Registry of Evidence-based Programs and Practices). Da una serie di esperimenti è stato inoltre notato che il trattamento EMDR ha delle ripercussioni permanenti sul cervello. È stato riscontrato che le persone che soffrono di PTSD manifestano un restringimento dell’ipocampo. Tali modificazioni, erano reputate inizialmente permanenti, si è poi scoperto che la ricrescita dell’ipocampo è possibile. Le persone che si sono sottoposte al trattamento dell’EMDR hanno ottenuto una ricrescita del 6% del volume di suddetto organo nel giro di 8-12 sedute(Shapiro 2012). A detta della sua autrice l’operazione di elaborazione EMDR funziona perchè integra ciò che è utile e lascia andare il resto.

Sono stati condotti 24 studi controllati sull’efficacia dell’EMDR che hanno riportato risultati positivi; alcuni di questi studi mostrano che l’84%-90% delle vittime di trauma singolo non manifesta più il disturbo post-traumatico da stress dopo sole 3 sedute di 90 minuti.

La tesi essenziale della terapia EMDR è che il sedimento fisiologico delle esperienze passate è la chiave interpretativa del comportamento, della personalità e dei fenomeni psicologici che vi si accompagnano.

Anche se l’EMDR è una psicoterapia evidence-based per il trattamento del DPTS, negli ultimi anni, diversi studi e casi clinici hanno messo in evidenza la sua efficacia per il trattamento non solo del DPTS, ma anche di tanti altri disturbi mentali, tra i quali il disturbo di personalità borderline (Mosquera, Leeds e Gonzàlez). La terapia EMDR si fonda sul modello dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione (Adaptive Information Processing, AIP). Il modello AIP si basa sull’assunto che ciascun essere umano possegga una tendenza istintiva a uno stato di salute, e che la mente umana sia dotata di sistemi innati deputati alla guarigione delle “ferite dell’anima”, allo stesso modo in cui il corpo è dotato di sistemi di guarigione delle ferite fisiche. Secondo questa prospettiva la patologia subentrerebbe quando questo sistema innato si blocca e l’evento traumatico rimane isolato dal resto della rete neurale della persona, non integrandosi al sistema innato che spinge, ognuno di noi, verso l’autoguarigione. Il trattamento EMDR ha proprio lo scopo di sbloccare questi meccanismi, ripristinando le capacità individuali di auto-guarigione e il terapeuta si configura come un facilitatore di tale processo. La tesi essenziale della terapia EMDR è che il sedimento fisiologico delle esperienze passate è la chiave interpretativa del comportamento, della personalità e dei fenomeni psicologici che vi si accompagnano. Secondo questa prospettiva, le informazioni percettive relative alle esperienze passate, sia negative sia positive, possono essere elaborate in forma di concetti allorchè vengono immagazzinati nelle reti della memoria(Shapiro 2012). L’apprendimento naturale ha luogo quando vengono effettuate senza ostacoli associazioni adattive. Tuttavia a seguito di un trauma, si può creare uno squilibrio del sistema e un immagazzinamento disfunzionale dell’esperienza. Se un’esperienza viene immagazzinata in modo disfunzionale, contiene in sè le percezioni originali, comprese le emozioni sconvolgenti e le sensazioni fisiche provate al momento del trauma (Shapiro 2002). Del resto l’EMDR è una forma di terapia basata sul corpo, nel riconoscimento che le emozioni sono di fatto eventi corporei e la definizione fornita dall’autrice, possiede un forte richiamo con l’affermazione freudiana secondo cui l’Io è “prima di ogni altra cosa un Io-corpo” (Freud 1895). Shapiro mette in risalto come l’esperienza sarebbe quindi radicata nella sfera fisiologica. Le prime indagini di Freud riguardavano i processi neurobiologici, le zone di eccitamento fisico e le vie corporee della libido. Secondo l’ipotesi illustrata nel “Progetto di una psicologia” i desideri dovuti alla spinta biologica, scontrandosi con la realtà, suscitano dolore o piacere e l’organismo impara a evitare il dolore mediante una varietà di meccanismi di difesa per inibire o deviare l’eccitamento pulsionale: è attraverso questo processo di adattamento che si sviluppa la personalità (Mollon).

A seguito dell’elaborazione EMDR, nel corso della seduta possono essere rapidamente istituite connessioni interne, che si manifestano in cambiamenti positivi delle emozioni, intuizioni, nuovi ricordi e una migliore comprensione dei problemi della vita.

Il trattamento EMDR ha la proprietà di far riaffiorare i ricordi rimossi dalla coscienza. Gli episodi legati a forti emozioni connotate da sentimenti quale paura e vergogna, sono stati gettati nelle reti neurali non più accessibili alla mente razionale. Far muovere gli occhi in questo modo a una persona completamente sveglia, sembra che induca il cervello a elaborare le informazioni più rapidamente ed efficacemente, tanto che permette a una persona di ricorrere alla sua abilità naturale di guarire. A seguito dell’elaborazione EMDR, nel corso della seduta possono essere rapidamente istituite connessioni interne, che si manifestano in cambiamenti positivi delle emozioni, intuizioni, nuovi ricordi e una migliore comprensione dei problemi della vita. La teoria dominante parla di accesso al ricordo originario, modifica delle connessioni e immagazzinamento del ricordo stesso così modificato in un processo neurobiologico denominato “riconsolidamento” (Shapiro 2001). . Durante il vissuto di un evento traumatico, le risposte biochimiche da esso elicitate (adrenalina, cortisolo, ecc.) bloccherebbero il sistema innato del cervello di elaborazione dell’informazione, lasciando isolate in una stasi neurobiologica le informazioni collegate al trauma, intrappolate in una rete neurale con le stesse emozioni, convinzioni e sensazioni fisiche che esistevano al momento dell’evento. Le metafore usate per descrivere i processi neurofisiologici che sarebbero coinvolti in questo processo elaborativo non sono particolarmente raffinate e sono ben lontane dallo spiegare come la tecnica realmente funziona. Ma in questo la Shapiro e collaboratori sono molto onesti. Solomon, psicologo psicoterapeuta, sostiene chiaramente: "Non si sa come funziona, ma funziona". Sostiene inoltre che se avessimo atteso di conoscere l'esatto meccanismo di funzionamento degli antidepressivi prima di iniziare ad utilizzarli, avremmo di sicuro perso l'opportunità di curare molti pazienti.